Notre nature est dans le mouvement…
(Pascal)
Troppe paure
Ho iniziato a scalare quando ho deciso che avevo troppe paure. Mi sono detta: debelliamo la paura dell’altezza almeno, e così è stato. Avevo poco più di trent’anni, frequentavo una palestra che casualmente aveva una paretina per scalare… Dopo averci meditato per quasi un anno mi sono fatta coraggio e ho iniziato a muovermi verticalmente.
Superare i propri limiti
All’epoca non potevo saperlo, ma iniziare a scalare per me ha significato molto di più rispetto all’intento iniziale. A questo si aggiunga il bisogno di superare i propri limiti e il gioco è fatto.
Ho 42 anni, da tre anni ho smesso di scalare con la frequenza e la passione di un tempo. Frequento sempre la montagna, ovvio, ma con meno “accanimento”. La montagna, quando rispondi al suo richiamo, è davvero incantata. Solo che per scalare ci vuole testa e un compagno/a di cordata di fiducia: scalare una parete è di fatto un viaggio e per viverselo al meglio bisogna trovare la persona giusta.
Un nuovo modo…
Ho perso un po’ di amici in questi anni, oltre al mio compagno di vita e di cordata. Taluni si sono smarriti tra i monti, lasciando lì la loro anima, altri li ha uccisi la malattia. Tutto questo oltre a imporre un grande dolore e un grande vuoto, mi ha anche imposto una grande forza. Certo non riesco più, come una volta, a guardare una parete e a dire “voglio scalarla”: mi sento ancora troppo fragile e oppressa dal senso del pericolo. Tuttavia ho trovato un nuovo modo per vivere la montagna. Oltre al trekking (la comodità è che si può andare anche da soli, cosa che la scalata non permette), mi sono avvicinata al trail running (la corsa in montagna), alla mountain-bike (una bella dimensione per chi è portato alla fatica e non teme la velocità in discesa. Io che la temo, mi godo solo la fatica!) e da un anno pure allo sci di fondo (un’ottima attività aerobica in ambiente invernale).
La mia storia non è solo mia
La mia storia è uguale a molte altre. Ho conosciuto ragazze e ragazzi che nella scalata cercavano le stesse cose. Emozione e appagamento su tutto, oltre a una buona dose di adrenalina.
Di fatto la montagna ha da sempre affascinato l’uomo così come l’idea della conquista della vetta, l’idea di arrivare dove non tutti arrivano. La montagna educa lo spirito, lo irrobustisce. Lungo i sentieri s’incontrano donne e uomini che un passo dopo l’altro affrontano la fatica proprio come te, sarà per questo che ci si saluta tutti, che ci si ferma per far due chiacchiere, che si dispensano sorrisi e consigli come tra vecchi amici. Questo è bello, anzi forse è la parte più bella del tutto. In montagna non si è mai soli, mentre, invece, in città ci si sente spesso isolati e nudi, senza protezione. Cosa cambia, dunque? Cambia il punto di vita, cambia lo scenario e l’intento. L’uomo ha bisogno di sfide e le va cercando in luoghi impervi.
Irrequietezza
Se è vero come dice Pascal, che l’infelicità dell’uomo proviene da una causa sola, non sapersene stare quieto in una stanza, allora scalare risolve l’enigma. La città con i suoi comfort non basta più ad appagare lo spirito che per definizione è nomade. Bruce Chatwin, scrittore e viaggiatore inglese, ritiene che la stanzialità sia contro natura. Nascere, crescere, vivere nello stesso posto, ripetendo tutti i giorni gli stessi gesti porta a un infiacchimento dello spirito. La ripetitività inebetisce. Un pensiero che, per quanto facile da comprendere è, di fatto, difficile da mettere in pratica. Per me andare in montagna risponde all’esigenza di non stanzialità con la quale faccio i conti ogni giorno. Il mio nomadismo è più spirituale che pratico, viaggio di fantasia oltre i confini noti e con le gambe affronto i pendii e le salite delle mie montagne. Questo mi fa sentire bene, anzi, a posto con me stessa. Dormo meglio dopo una giornata in montagna e al risveglio i piccoli acciacchi del corpo mi ricordano i luoghi dove sono stata, le vette raggiunte.
Sono grata…
Grazie alla scalata sono stata in grado di affrontare le sfide che la vita mi ha imposto. Sono grata alla montagna e a tutti i compagni e alle compagne che mi hanno aiutato a non mollare e a non avere paura quando sembrava che il tempo virasse al brutto, quando un sasso si staccava dalla parete rimbombando nel vuoto con piccole esplosioni solforose, quando avrei voluto solo piangere e invece, un passo alla volta, ho continuato a salire. Il freddo, le condizioni spesso proibitive, la precarietà dell’ambiente sono fattori che bisogna essere in grado di gestire altrimenti ci si può far male. La montagna va rispettata, sempre!
Sono grata ai cieli limpidi che mi hanno regalato la bellezza del paesaggio, alle nuvole che mi hanno aiutato a non vedere il vuoto sotto di me, ai rapaci che dominano l’aria con la loro danza aggraziata, alle orme degli animali che mi hanno indicato la giusta direzione e alle stelle, che una sera di inizio inverno, a Cogne, hanno illuminato il mio sentiero riportandomi a casa.
I bambini hanno bisogno di sentieri da esplorare, di orientarsi sulla terra in cui vivono, come un navigatore si orienta in base a noti punti di riferimento. Se scaviamo nelle memorie dell’infanzia, ricordiamo dapprima i sentieri, poi cose e persone – sentieri nel giardino, la strada per la scuola, la strada intorno a casa… Rintracciare i sentieri degli animali era il primo e principale elemento nell’educazione dell’uomo primitivo.
(Anatomia dell’irrequietezza – Bruce Chatwin)
Un po’ di me
Mi chiamo Tiziana Regine, classe 1972, sono scrittrice e autrice teatrale. Amo la montagna anche se le mie origini vi potrebbero raccontare un’altra storia. Da Ischia mi sono imbarcata vent’anni or sono alla volta del “Norde” per diventare avvocato ma quasi subito ho compreso che l’avvocatura non faceva per me. In questi lunghi e perigliosi anni ho accumulato molte esperienze, ho viaggiato molto, ho molto camminato e ho avuto la fortuna di incontrare persone generose sul mio cammino. Ho un unico grande obiettivo: rincorrere la bellezza, cercarla, stanarla. E mi sono resa conto che solo nella tensione al cielo il miracolo si compie. Allora mi sono decisa a non smettere più… e continuo a camminare. Sito: corrusco.wordpress.com/
Per chi ha voglia di iniziare
Ci si può iscrivere o a una palestra di arrampicata o al CAI. L’una e l’altra alternativa offrono la possibilità, a chi voglia cimentarsi nella scalata, di imparare le norme di sicurezza e le manovre fontamentali. Oltre alla spesa del corso dovete poi considerare anche quella relativa al materiale di base: corda, moschettoni, rinvii, scarpette, imbrago e casco.
Buon divertimento ragazze!