Il momento in cui decidi di tirare la barra e staccarti da terra è il più emozionante in assoluto. Dopo, sei tu da sola in aria che governi un motore e pensi solo a… volare.
Quando arrivi a fare il primo volo da solista, c’è un misto di paura e adrenalina che è bello lasciarsi scorrere addosso senza farsi travolgere. L’istruttore dopo circa una decina di ore insieme (chi riesce prima, chi ha bisogno di qualche ora di lezione in più), scende dall’aereo e ti dice di partire. Il sedile a fianco vuoto è strano, l’aereo è più leggero e risponderà in modo diverso. L’unica cosa che pensi è che se non vai, poi la paura prenderà il sopravvento e non lo farai più.
Ti allinei, ultimo check agli strumenti e… tutto motore dentro. Acceleri e arrivi ad una velocità oltre la quale sai che puoi volare; ed è lì che tu decidi. E voli. Il cuore è in gola, una gioia immensa ti pervade ma devi tenere il controllo, sei il pilota e devi essere sempre “davanti all’aereo”.
Il primo giro che si fa da soli di fatto è un circuito attorno alla pista, un rettangolo in cui si susseguono una serie di manovre per riallinearsi e prepararsi all’atterraggio. È semplice, difficile perdersi insomma, ma allo stesso tempo richiede presenza e chiarezza in ogni passaggio. Dopo il decollo, in salita, la prima virata lungo questo rettangolo. E per me quella sera di luglio, alle nove o giù di lì, si apre un tramonto spettacolare, da una prospettiva unica. La palla infuocata è tutta mia ed è un’immagine che non potrò mai scordare. Respiro dall’emozione, riprendo il controllo e viro di nuovo. Sono in sottovento, parallela cioè alla pista ma in senso contrario di percorrenza. Sistemo la velocità e inizio a configurarmi per l’atterraggio, gestendo la quota e i flap e non perdendo mai di vista il punto di atterraggio. Viro ancora, sono in base, perpendicolare quindi alla pista, e continuo a scendere e a gestire la velocità che non deve mai essere troppo bassa, soprattutto in queste fasi delicate di manovre vicino a terra. Ultima virata, dichiaro alla radio che sono in finale, che mi appresto cioè a toccare terra. Vicino alla pista ormai, tolgo motore e inizia una fase che è pura poesia: l’aereo sembra galleggiare, pur continuando a volare. L’avvicinamento a terra è un equilibrio tra la perdita inesorabile di energia cinetica e il movimento della barra che il pilota avvicina a sé per controllare la poca energia rimasta. E sembra che uno scalino dopo l’altro ci si sieda a terra, dolcemente.
Non ho avuto il coraggio di fare un secondo giro, di ripartire, di riattacare. L’emozione del primo volo è stata immensa e averla anche gestita è stato un impegno notevole. Ho vissuto una sensazione bellissima, irripetibile nel suo insieme ma ad ogni volo, sicuramente, quel momento in cui decidi di volare rimane speciale, perché da essere umano metti le ali e ti liberi del peso di tutto ciò che rimane a terra.
Se siete curiose, l’aereo che ho provato è un ultraleggero a motore della Tecnam, modello P92.
Ecco l’elenco delle scuole, disponibile nel sito dell’Aero Club d’Italia. Sicuramente c’è una scuola di volo anche dietro casa vostra.
Se poi la passione è tanta, il corso per il conseguimento dell’attestato VDS (volo da diporto o sportivo) di livello basico è composto da 33 ore di teoria e da un minimo di 16 ore di pratica. Per la parte teorica si affrontano temi di aerodinamica, meteorologia, tecnologia e prestazioni degli apparecchi VDS, tecnica di pilotaggio, operazioni ed atterraggi di emergenza, norme di circolazione ed elementi di fonia aeronautica, navigazione aerea, elementi di legislazione aeronautica e sicurezza del volo. L’esame richiede il superamento di un test teorico e l’esecuzione di almeno un circuito. Date un’occhiata qui se ne volete sapere di più: http://www.vfrmagazine.net/pilotare/diventare-piloti-vds/#ixzz4Dp3WzUpG