Amo la montagna da che ho memoria. Platonicamente fidanzata con le Dolomiti di Brenta e innamorata dello sci e delle camminate, quando ho iniziato lo sci alpinismo, la prima volta, ero sicura che non sarei andata oltre il primo muro.
Io, strenua paladina dello sci tradizionale e dello snowboard, ridevo a crepapelle a pensare a questi che mettevano gli sci per andare contro al naturale senso gravitazionale: in salita! Ma come sempre io non amo parlare di ciò che non conosco, soprattutto se si tratta di sport e soprattutto se si fa in montagna, mi sono fatta convincere da un’amica a fare il tentativo.
La prima volta è stata magica. Ricordo ogni dettaglio, soprattutto le stelle. Infinite, illuminavano la neve che sembrava brillare. Lì è nato il mio amore per lo ski alp, o sci alpinismo, che dir si voglia.
Richiede fiato, e allenamento su quei movimenti di gamba che portano in salita e che solitamente non si ha, oltre a una buona coordinazione braccia-gambe per minimizzare lo sforzo. Dopo una decina di uscite si inizia ad avere una certa confidenza con il movimento e questo permette di diminuire i tempi e aumentare distanza e dislivello.
L’approccio allo sci alpinismo
La parte fondamentale, più che l’allenamento in sé, è l’approccio. La preparazione mentale alla salita. È uno sport di fatica, si sale con le pelli di foca sotto gli sci per percorsi in neve fresca o su pista, si arriva a destinazione, si tolgono le pelli, si girano gli attacchi in posizione discesa, si bloccano gli scarponi e si scende. Io solitamente mi godo l’uscita da quando decido l’orario di partenza in poi.