Le montagne fanno parte della mia vita da sempre: mia madre è valdostana e io passavo le estati a Châtillon con i miei nonni e a casa mia a La Magdeleine, luogo che per me, oltre ad essere casa, è il mio angolo di pace al mondo. In questi anni ho potuto vedere molte delle facce che la montagna ti mostra: quella che dà risposte a domande che nemmeno pensavi di avere; quella che ammiri in silenzio con solo il suono in sottofondo della legna che scoppietta nel camino; quella che ti blocca in casa e non ti fa uscire a causa del brutto tempo; quella degli amici seduti attorno al falò durante le feste di paese, ma non avevo mai vissuto la montagna vera e propria fino allo scorso 15 Settembre, quando con tre amici abbiamo deciso di andare a camminare al Mont Fallère.
Vorrei raccontare la mia avventura su questa montagna di 3.061 m s.l.m. che si trova nel comprensorio del Gran Combin in Valle d’Aosta, precisando che non sono una runner, non sono una scalatrice, né un’atleta, amo semplicemente la montagna in tutte le sue forme.
Questa è stata la mia prima camminata “seria” ed è stata unica per diversi motivi. Sono partita inconsapevolmente verso una gita che mi ha cambiata facendomi capire che posso raggiungere obiettivi che, solo qualche anno fa, pensavo fossero irraggiungibili, probabilmente perché non ho mai creduto pienamente in me stessa e nelle mie capacità…fino a quel giorno…
Siamo partiti da La Magdeleine, paesino della Valtournenche, abbiamo raggiunto in macchina Vétan, frazione del comune di Saint-Pierre, e da lì è iniziata l’avventura.
La camminata si divide in tre parti: la prima è costituita da un sentiero che ti porta al rifugio Mont Fallère; la seconda è costituita dalla salita lungo la montagna che porta al Mont Fallère, e la terza ed ultima parte è una via ferrata che ti porta sulla cima del monte.
Verso il rifugio Mont Fallère tra opere d’arte e paesaggi mozzafiato
Il sentiero che porta al rifugio è una passeggiata tranquilla nella quale si cammina a tratti nel bosco e a tratti in spazi aperti dai quali si può godere di una vista mozzafiato!
La particolarità di questo sentiero? Lo scultore Siro Viérin ha installato delle sculture in legno di animali e persone lungo il cammino! Si possono vedere volpi, lupi, gufi, uccellini sugli alberi e tanti altri animali; un cacciatore che torna a casa con la sua preda in spalla; un prete che ammira il paesaggio; un bambino seduto su un ponticello che pesca in un ruscello, e molto altro. Le opere, perché di vere e proprie opere si parla, sono scolpite talmente bene che a volte si fa fatica a capire se gli animali siano reali o finti e, in più, alcune sono nascoste così bene tra la natura che se non si presta attenzione le si scorge a fatica.
Finito questo percorso si arriva al rifugio Mont Fallère, che è di proprietà dello scultore stesso. Il rifugio sorge nella conca tra il Mont Fallère (dal quale prende il nome) e il Monte Rosso di Vertosan in Loc. Les Crottes a 2.385 m., nel comune di Saint-Pierre e vale la pena andarci almeno una volta nella vita, credetemi! La famiglia Viérin ha saputo valorizzare in maniera magistrale il rifugio installandovi sculture della stessa bellezza di quelle che si trovano lungo il cammino!
Superato il rifugio inizia la parte faticosa, quella che mi ha fatto pensare di aver fatto il passo più lungo della gamba
Da qui inizia la seconda parte dell’avventura: superato il rifugio abbiamo preso un altro sentiero per raggiungere la via ferrata. Questa seconda fase è un po’ più faticosa perché si cammina lungo il lato della montagna ed è qui che ho iniziato a temere di aver fatto il passo più lungo della gamba credendo di poter fare, senza allenamento, una camminata così impegnativa, ma con la testardaggine che mi contraddistingue non ho voluto gettare la spugna senza averci almeno provato!
L’alta montagna fa così: ti dà tanto solo se tu le dai qualcosa in cambio e, nel mio caso, quel qualcosa è stata la perseveranza nel portare a termine ciò che avevo iniziato e la voglia di mettere alla prova le mie capacità perché, si sa, uscire dalla propria comfort zone non è facile, ma a volte è necessario se si vuole ottenere qualcosa, e posso assicurarvi che se quel giorno avessi gettato la spugna mi sarei persa un grande spettacolo della natura perché, dalla vetta, si ha una visione panoramica sul Monte Bianco, il Grand Combin, la Grivola e tante altre montagne delle Alpi Graie e delle Alpi Pennine.
Il vuoto, le gambe che tremano, la ferrata davanti a me e un Gigante, un amico che mi ha spronata a crederci.
Solo quando siamo arrivati nella via ferrata, però, ho capito che da lì in poi sarebbe iniziata la vera fatica. Mentirei se dicessi che non ho avuto paura e che ce l’ho fatta solo con le mie forze.
In questa ultima parte della camminata il mio amico Mauro Duroux ha giocato un ruolo fondamentale. Mauro è un finisher del famoso endurance-trail “Tor des Geants”, un vero Gigante senza il quale non avrei continuato la salita verso la vetta: vista la mia titubanza nel proseguire mi ha spronata, aiutata e supportata come solo un amico e un vero atleta e amante della montagna come lui poteva fare. Mi ha mostrato i passi da seguire, come tenere le catene in modo tale da sentirmi sicura e ha continuato a parlarmi e a spiegarmi ogni singolo passaggio così da distrarmi dalla paura del vuoto che iniziava a paralizzarmi.
In quel momento mi sono guardata dentro e mi sono chiesta che tipo di persona volessi essere: una persona che si fa bloccare dalle proprie paure o una persona che le affronta? Io ho scelto di essere la seconda e credetemi quando vi dico che arrivare in vetta è stata una delle sensazioni più belle che io abbia mai provato in vita mia, una soddisfazione infinita. La salita è stata faticosa, ma come ho già detto prima la montagna sa ripagarti e, nel mio caso, ho ricevuto il più bel regalo che potesse farmi: la sensazione di avere il privilegio di essere sul tetto del mondo, un tetto che va rispettato, capito e ringraziato.
Lassù, sui quei 3.061 metri di bellezza, ho scoperto il piacere primordiale della montagna e ho preso coscienza delle mie capacità. Ho capito che non serve per forza essere un atleta per raggiungere certi obiettivi, ma basta capire il proprio corpo, prendersi il proprio tempo e, soprattutto, non mollare alla prima difficoltà che ti si presenta.
Il silenzio, il paesaggio, la maestosità delle montagne: ce l’avevo fatta!
Ed è lì, sotto la Madonna dello scultore Siro Viérin, che ci siamo fermati per ammirare, in silenzio, tutta la bellezza e la maestosità delle montagne, per rifocillarci con ciò che avevamo con noi e per immortalare in una foto il traguardo raggiunto.
Durante la discesa abbiamo proseguito la camminata per la via ferrata e poi abbiamo ripreso il sentiero che ci ha riportati al rifugio, nel quale ci siamo fermati a bere qualche birra, a mangiare un tagliere di salumi e a farci quattro risate.
A fine giornata, quando sono tornata a casa, mi sono sentita bene, appagata e felice di aver portato a termine questa “scalata” verso il Mont Fallère, non solo perché ho condiviso questa mia esperienza con gli Amici di sempre, ma anche, e soprattutto, perché ho raggiunto la consapevolezza che se si ha tenacia e forza d’animo si può fare tutto nella vita!
Questi sono stati i miei primi 3.000 metri, ma la mia storia non finisce qui: andrò sempre alla ricerca della pace, della spensieratezza, della fatica e delle soddisfazioni che ho provato quel giorno perché la vita è assurdamente incasinata e bella, ma sulle montagne si ha la sensazione che tutti i pezzi del puzzle vadano al proprio posto, almeno per un giorno!