Immagina un barchino in mezzo al mare, un puntino nel blu che non sa neanche lui come c’è arrivato. O quasi.
Tra coscienza e incoscienza, si ritrova in mezzo a una tempesta, dove tutto si muove, si ribalta, perde il punto di riferimento.
È come in una centrifuga, fisica ed emotiva; non senza paura, il barchino si aggrappa alle poche certezze che ha, quelle che dipendono solo dai suoi strumenti e da se stesso.
Continua a seguire una rotta solo sua che, nonostante le correnti e la fatica, lo portano ad un punto di appoggio. Finalmente fermo, si accorge di essere ancora tutto intero e addirittura che potrà riprendere a viaggiare.
Nell’ultimo anno mi sono sentita un po’ questo barchino, cambiamenti se non vere e proprie rivoluzioni si sono alternati, burrasche e tempeste che sembravano impossibili da attraversare.
Oggi sono qui, in un’altra vita, in un’altra casa, con un nuovo lavoro e in un’altra città, con la testa che gira ancora.
Qui però ci sono arrivata tutta intera grazie ad un elemento di continuità: invece di avere una casa o un contesto che potessi definire mia, avevo come “confine” la routine di allenamento.
Un po’ istintivamente ho deciso di mantenere alcuni obiettivi sportivi che avevo fissato già prima che tutto cambiasse.
Ho preparato tre gare di discipline aeree (pole dance e cerchio) mentre gestivo i traslochi (sì, ne ho fatti due). Per non parlare di ansie dei genitori, le mie, il distacco dalle persone che erano diventati una famiglia, i casini con la burocrazia e gli oggetti che si perdono strada facendo. Come se non bastasse, ho iniziato un nuovo lavoro, cambiando contesto e cercando di entrare con tanta energia.
La sicurezza dell’appuntamento in palestra quotidiano è stata un rifugio rassicurante, un modo per non perdere almeno me stessa, il tempo che mi concedevo in mezzo a tutto il resto delle cose che dovevo fare.
Non nascondo che lo stress da gara abbia portato via ulteriore energia, ma mi ha aiutato a focalizzare l’attenzione e a farmi relativizzare i problemi. Sono arrivata sul palco con la voglia di ballare e di esprimermi.
Il mio obiettivo non era la gara in sé per sé, si poteva fare meglio in condizioni migliori e con concentrazione totale, ma si è trattato di un obiettivo personale. Finita una delle gare, il commento di mia mamma è stato emblematico: al mio “è andata bene ma nessuna medaglia” ha risposto con un “che te ne importa, compratene una e premiati per quello che hai raggiunto”.
Lo sport mi ha fatto scoprire di essere una persona forte
È stato un anno da #vertiger in tanti sensi, mi ha fatto scoprire di essere una persona forte ma anche che le difficoltà che sembrano insormontabili non lo sono sempre e che io sono in grado di trovare un modo per andare oltre.
E ora che sono ferma al porto per ricaricare le energie, scalpito per poter ripartire…